Titolo: Tre gocce d’acqua
Autrice: Valentina D’Urbano
Editore: Mondadori
Pagine: 369
Prezzo: € 19,00
Uscita: 1 giugno 2021
Recensione
Finalmente, dopo tanta attesa, Valentina D’Urbano è tornata in libreria con il suo ultimo lavoro dal titolo: “Tre gocce d’acqua” e pubblicato da Mondadori. La copertina è di grande impatto emotivo, ma è la trama che invoglia a leggerlo con grande interesse.
La penna della scrittrice, che già conoscevo e per cui le mie aspettative erano parecchio alte, non mi ha deluso neppure stavolta. Infatti, la storia è veramente molto appassionante e coinvolgente, anche per merito delle descrizioni e, in particolare, del carisma che possiedono i tre protagonisti grazie all’abilità di Valentina D’Urbano.
Celeste, Nadir e Pietro sono legati da grande affetto e da un rapporto familiare particolare. Tra i vari temi c’è, infatti, quello della famiglia allargata e di come, comunque, riesca anch’essa a trasmettere grande affetto e legami solidi tra i componenti.
Ognuno dei ragazzi ha il proprio carattere, molto ben marcato e che lo contraddistingue dagli altri per determinati motivi. Ciò l’ho gradito parecchio perché dà la possibilità, ai lettori, di immedesimarsi in uno di loro, o di scegliere il proprio personaggio preferito. Inoltre, così strutturati, rendono la storia più movimentata e varia. Essa è narrata anche con la presenza di alcuni salti temporali che permettono di conoscere meglio la vicenda.
“Tre gocce d’acqua” è un romanzo ipnotico e carico di sentimenti. Il lettore non resta inerme davanti alla narrazione e prova, nel corso dei capitoli, sensazioni emotivamente diverse. Durante la lettura si ha la facoltà di addentrarsi meglio nelle vite dei tre protagonisti e di coloro che fanno parte delle due famiglie. In questo modo si ha la possibilità di conoscerli caratterialmente sempre di più, li si segue man, mano che crescono e si assiste alle scelte, giuste o sbagliate, che compiono nel corso del libro. A tale proposito il lettore si sente coinvolto, perché può essere d’accordo con loro o provare contrarietà.
Il ritmo è dosato nel modo migliore e la presenza di alcuni colpi di scena rendono la lettura carica di intensità e ricca di pathos. Mentre mi addentravo nei vari capitoli, cercavo anche di prevedere che cosa sarebbe accaduto, ma Valentina D’Urbano è stata abile nel sorprendermi sempre.
“Tre gocce d’acqua” è, a mio parere, un romanzo che conquista e che si legge tutto d’un fiato. Ci si affeziona parecchio a Celeste, a Nadir e a Pietro, proprio per il fatto che ognuno ha una sua caratteristica peculiare che lo fa apprezzare. Hanno i loro pregi, ma anche i loro difetti e tutto ciò li rende umani al cento per cento.
Si sorride, si prova affetto, si soffre, ci si rattrista, ci si preoccupa, ci piange … Le emozioni e le sensazioni che si provano nel corso delle pagine sono molte. Durante la lettura, il nostro cuore, infatti, palpita parecchio.
Ho apprezzato tantissimo il legame forte e particolare che lega i tre ragazzi. Nulla di banale è presente, ma tutto è ben raccontato, con grande trasporto, sincerità ed onestà. Non sarà facile dimenticarsi di Celeste, di Nadir e di Pietro, perché hanno la capacità di entrare in noi e di farsi voler bene. Se avete voglia di leggere un romanzo che lasci il segno, allora non perdetevi “Tre gocce d’acqua”.
Concludo con l’incipit del terzo capitolo perché mi piace parecchio
“Sono nata durante la grande nevicata a Roma. Avevo i capelli scuri dei miei genitori, la bocca di mio padre che già si intravedeva nei tratti gonfi, tutti uguali, dei neonati, e la pelle chiara, quasi traslucida, segnata come una mappa dai reticoli minuscoli dei capillari. La pelle di una bambina molto bionda, una svedese o for se un’albina, lo stesso colore della pancia dei pesci. Ero bianca, in tinta con la neve che fuori dalle finestre aveva ricoperto Roma, mandando in tilt tutta la città.
«È quella lì? Quella trasparente? Sembra una medusa. Non possiamo lasciarla qui?» aveva detto Pietro, arricciando il naso contro il vetro della nursery. Non era tanto contento di avere una sorella. Aveva quasi dieci anni, gli interessavano altre cose, perciò mi aveva guardato appena, oltretutto ero anche una femmina, non sarei tornata utile nemmeno per giocare in futuro. L’unico particolare vagamente degno di nota era che sembravo trasparente…”
Trama
Celeste e Nadir non sono fratelli, non sono nemmeno parenti, non hanno una goccia di sangue in comune, eppure sono i due punti estremi di un’equazione che li lega indissolubilmente. A tenerli uniti è Pietro, fratello dell’una da parte di padre e dell’altro da parte di madre. Pietro, più grande di loro di quasi dieci anni, si divide tra le due famiglie ed entrambi i fratellini stravedono per lui. Celeste è con lui quando cade per la prima volta e, con un innocuo saltello dallo scivolo, si frattura un piede. Pochi mesi dopo è la volta di due dita, e poi di un polso. A otto anni scopre così di avere una rara malattia genetica che rende le sue ossa fragili come vetro: un piccolo urto, uno spigolo, persino un abbraccio troppo stretto sono sufficienti a spezzarla.
Ma a sconvolgere la sua infanzia sta per arrivare una seconda calamità: l’incontro con Nadir, il fratello di suo fratello, che finora per lei è stato solo un nome, uno sconosciuto. Nadir è brutto, ruvido, indomabile, ha durezze che sembrano fatte apposta per ferirla. Tra i due bambini si scatena una gelosia feroce, una gara selvaggia per conquistare l’amore del fratello, che preso com’è dai suoi studi e dalla politica riserva loro un affetto distratto. Celeste capisce subito che Nadir è una minaccia, ma non può immaginare che quell’ostilità, crescendo, si trasformerà in una strana forma di attrazione e dipendenza reciproca, un legame vischioso e inconfessabile che dominerà le loro vite per i venticinque anni successivi.
E quando Pietro, il loro primo amore, l’asse attorno a cui le loro vite continuano a ruotare, parte per uno dei suoi viaggi in Siria e scompare, la precaria architettura del loro rapporto rischia di crollare una volta per tutte.