Titolo: Ragazze smarrite
Autore: Marco Vichi
Editore: Guanda
Collana: Narratori della Fenice
Pagine: 359
Prezzo: € 19,00
Uscita: 24 giugno 2021
Recensione
Grazie a “Guanda” ho avuto la possibilità di conoscere il personaggio del commissario Bordelli che è il protagonista di una serie di libri scritti da Marco Vichi. “Ragazze smarrite” pare essere il capitolo finale, poiché lo ritroviamo con il suo ultimo caso da risolvere prima di andare in pensione.
Franco Bordelli ricopre il ruolo di commissario di Pubblica Sicurezza a capo della Squadra Omicidi presso la Questura. La storia è ambientata a Firenze nel 1970. La scrittura è piacevole da leggere perché risulta scorrevole e ricca di sfumature. Inoltre, lo scrittore descrive bene le varie situazioni, illustrandoci i passaggi e i personaggi. Per me è stato un piacere imparare a conoscere Bordelli e il suo modo di lavorare, di svolgere le indagini, oltre al suo carattere.
Inizialmente ero un po’ perplesso, ma procedendo nella lettura ha iniziato a conquistarmi, grazie a vari elementi e nella seconda parte del giallo è esplosa la mia ammirazione, per non parlare dell’ultima parte: è da alzarsi in piedi per applaudirlo.
Ho adorato le sue tattiche di lavoro, il suo modo di ragionare, la sua abilità psicologica, seppure in un passaggio è stato un po’ prevedibile, ma in tutto il resto è da apprezzare pienamente.
Ciò che ho notato, è il fatto che Marco Vichi non si ferma solo al caso da analizzare e di scoprire i responsabili, ma ampia la storia anche con momenti di vita quotidiana, di passaggi che alleggeriscono, ma al tempo stesso ci permettono di appassionarci ai personaggi e alla storia stessa. Tutto ciò ci dimostra che c’è una narrazione che va oltre il giallo. Inoltre sono rimasto colpito anche dai rapporti tra i vari personaggi, come si muovono, come agiscono tra di loro, come comunicano, regalandoci storie di vita vissuta.
Tornando a Franco Bordelli, si capisce fin dal passaggio presente in quarta di copertina che è una persona che non si lascia intimidire, non si arrende davanti a nulla e di ciò si ha la conferma nel corso della storia:
“I suoi bellissimi occhi erano vivi, anche se lei era morta. Bordelli non poteva permettersi di fallire, non se lo sarebbe mai perdonato. I colpevoli dovevano essere puniti, non era possibile che la facessero franca. ‘Vi troverò e vi farò condannare’.”
Risulta molto avvincente seguire l’evolversi della vicenda, i vari dettagli che si aggiungono capitolo, dopo capitolo in modo da inserire i tasselli del puzzle nel posto giusto. Durante la lettura anche noi lettori ci trasformiamo in detective per capire meglio la storia e scoprire il colpevole insieme al commissario.
Ovviamente per il modo di scrivere di Marco Vichi e cioè di raccontare anche altro durante il corso delle indagini, occorre porre attenzione per non perdere i vari passaggi ed elementi dell’indagine. Si passa, infatti, da un momento di vita quotidiana, ad un nuovo passaggio che riguarda il caso da risolvere. Mi ha colpito anche la storia d’amore tra Franco Bordelli ed Eleonora… Insomma, in “Ragazze smarrite”, come si dice, “c’è molta carne al fuoco” e Marco Vichi cerca di tenere le fila del discorso cambiando argomento con abilità.
Gli appassionati di gialli veri e puri, forse non apprezzeranno del tutto questo libro, ma è comunque una interessante novità nel raccontare una storia di questo genere. Può essere che, a questo punto, io recuperi le precedenti avventure di questo commissario per capire meglio il tipo di narrazione, se è sempre così o si presenta in altro modo.
Consiglio “Ragazze smarrite” a chi ha voglia di leggere qualcosa che vada oltre al classico libro giallo, a chi ha desiderio di storie di vita vissuta e di tuffarsi in una narrazione piena e varia.
Mi ha fatto piacere leggere questo romanzo e scoprire il mondo narrato da Marco Vichi e la sua grande capacità di scrittura.
Qui sotto vi propongo l’incipit:
“Era mattina presto. Il commissario si era svegliato da almeno un’ora. Continuava a rigirarsi nel letto, e pensava… Gli mancavano nove giorni alla pensione, e ancora non riusciva a immaginare come si sarebbe sentito. Cosa avrebbe fatto la mattina del tre aprile, invece di andare in ufficio? Se non succedeva più nulla, se nessuno si prendeva la briga di uccidere, il «sano» omicidio di Novoli sarebbe stato il suo ultimo caso…
La gelosia, un coltello, un impeto di rabbia, niente a che vedere con l’omicidio del Conte Alderigo, pura e inutile violenza… Be’, se davvero per quegli ultimi nove giorni non accadeva nulla… Ci avrebbe messo la firma, non voleva rischiare di lasciarsi alle spalle un caso non risolto. Gli sarebbe piaciuto oltrepassare senza amarezza il compleanno dei suoi sessant’anni, anche se non lo avrebbe festeggiato con la torta e le candeline. Anzi aveva già fissato una cena con i soliti amici per il giorno successivo, il tre di aprile…”
Trama
Firenze, marzo 1970. Al commissario Bordelli manca poco più di una settimana alla pensione, e ancora non riesce a immaginare come si sentirà. Si augura che in questi giorni non avvengano altri omicidi: non vuole rischiare di lasciarsi alle spalle un mistero non risolto, ma il destino gli ha riservato una spiacevole sorpresa, e si trova ad affrontare il suo caso forse più difficile. Lungo il greto di un fiumiciattolo del Chianti, in località Passo dei Pecorai, proprio a pochi chilometri da casa sua, viene scoperto il cadavere di una ragazza. Nessuna denuncia di scomparsa, nessun documento d’identità, nessun testimone, nulla di nulla.
Si avvicina il due di aprile, il suo sessantesimo compleanno, dunque il suo ultimo giorno di lavoro, e il commissario comincia a temere che quel delitto, dietro il quale sembra nascondersi qualcosa di disgustoso, resti impunito. Il tempo passa, e non emerge niente che aiuti l’indagine. Bordelli è sempre più amareggiato, non può sopportare che i colpevoli restino in libertà, e nonostante tutto giura a se stesso di trovarli…