Titolo: Lingua e essere
Autrice: Kübra Gümüsay
Editore: Fandango Libri
Collana: Documenti
Pagine: 239
Prezzo: € 18,50
Uscita: 15 aprile 2021
Recensione
Quando ho visto questo libro e dopo essermi informato sul contenuto, ho deciso che era da leggere. Infatti i temi che l’autrice Kübra Gümüsay affronta in “Lingua e essere” sono assolutamente assai importanti ed attuali.
Il saggio è pubblicato dalla casa editrice “Fandango libri” che ha sempre a cuore determinati argomenti e che ringrazio del lavoro che svolge. “Lingua e essere” fa parte della collana “documenti”. Al suo interno ci sono dieci interessanti capitoli, seguiti dai ringraziamenti, dalle citazioni e dalle note.
Il lavoro svolto dalla scrittrice è molto accurato, sincero e dettagliato. La sua scrittura risulta pulita, incisiva ed assolutamente assai schietta e diretta. Tutto ciò mi ha colpito parecchio e mi ha conquistato fin dalle prima pagine.
Pur essendo scorrevole, ci sono alcuni passaggi che hanno bisogno, a mio avviso, di maggior tempo per permetterci di assimilare il contenuto, o meglio per rifletterci. Infatti penso che sia un saggio la cui lettura vada centellinata e non letto con frenesia, seppure ammetto che alcuni capitoli mi invogliavano a continuare senza sosta.
Ho sottolineato diversi passaggi e mi sono arricchito di diversi contenuti. Ve ne riporto uno:
“Ci sono vuoti. Tra la lingua e il mondo. Non tutto ciò che è si ritrova nella lingua. Non tutto ciò che succede trova espressione in essa. Non ogni essere umano può essere nella lingua che parla. E questo non perché non domini la lingua sufficientemente bene, ma perché è la lingua a non essere sufficiente.”
Kübra Gümüsay tocca diversi temi, di cui si parla anche tutt’ora nella vita di tutti i giorni. Sono rimasto colpito dalla quantità di materiale e di informazioni che ci ha proposto nel libro.
Vi riporto l’incipit e poi trovate la seconda di copertina e la biografia dell’autrice
“Che cosa è venuto prima: la nostra lingua o la nostra percezione? Era molti anni fa. In una calda notte d’estate sul porto di una piccola città nel sud-ovest della Turchia, bevevamo tè nero e sbucciavamo semi di girasole salati, rapide e rilassate. Mia zia guardò il mare, in quell’oscurità pro fonda e tranquilla, e mi disse: “Guarda quanto brillano quegli yakamoz!”. Io seguii il suo sguardo, senza riuscire a trovare da nessuna parte qualcosa che rilucesse così tanto.
“Ma dove?”, le chiesi. Lei indicò di nuovo verso il mare, ma io continuavo a non capire a cosa si riferisse. Ridendo, si inserirono i miei genitori per spiegarmi cosa significasse la parola yakamoz: descriveva il riflesso della luna sull’acqua. E finalmente anch’io vedevo davanti a me quel bagliore nell’oscurità. Yakamoz. E da allora lo vedo a ogni passeggiata notturna vicino al mare. E mi chiedo se anche le persone intorno a me lo vedano. Anche quelle che non conoscono la parola yakamoz. Perché la lingua modifica la nostra percezione. Dal momento che conosco la parola, percepisco ciò che essa denomina.”
Seconda di copertina
Questo libro insegue un desiderio: un linguaggio che non riduca le persone a categorie. Immaginiamo che la lingua sia un museo, dove si impara a conoscere presente e passato, oggetti e idee, sensazioni e sentimenti, e si imparano anche i nomi delle cose.
Nelle sue sale, alcuni di noi camminano indisturbati, sono le persone “normali”, coloro a cui non viene assegnato un nome unico che li definisca; altri invece sono etichettati, catalogati, ricondotti a gruppi – la donna, il musulmano, il gay, la lesbica, la persona disabile, il nero, l’ebreo – che ne semplificano la complessità.
Kübra Gümüsay esplora la questione di come il linguaggio modella il nostro pensiero e determina la nostra visione politica. Dimostra come le persone diventano invisibili come individui se sono sempre viste come parte di un gruppo e possono esprimersi solo come tali.
Ma come possono le persone parlare davvero come persone? E come possiamo tutti noi – in un momento di discorsi sempre più violenti e pieni di odio – comunicare gli uni con gli altri in modo diverso?
Attraverso la lingua e l’uso spesso inconsapevole che se ne fa, Kübra Gümüsay racconta la società contemporanea che si dice multiculturale, e chiarisce come l’unico modo per usare la lingua in senso realmente democratico sia comprenderne le valenze politiche e capirne i meccanismi.
Cosa significa legittimare come fossero opinioni discorsi razzisti, xenofobi, violenti che colpiscono le minoranze, le donne, le persone marginalizzate? Cosa significa per chi non è nella “norma” dover spiegare continuamente se stesso, le proprie scelte, la propria religione, il modo in cui ci si veste e chi si ama?
In un saggio lucido e schiettissimo, a partire dalla propria esperienza e da quella dei molti con cui si è confrontata negli anni, Gümüsay rimette la lingua al centro del nostro agire politico e denuncia come l’incitazione all’odio, la violenza verbale abbiano conseguenze che nessuno può permettersi di non prendere in considerazione
Trama
Questo libro insegue un desiderio: un linguaggio che non riduca le persone a categorie. Immaginiamo che la lingua sia un museo dove si apprendono sensazioni, idee, e soprattutto i nomi delle cose. Kübra Gümü?ay esplora la questione di come il linguaggio modella il nostro pensiero, determina la nostra visione politica e ci dimostra come le persone diventano invisibili come individui se sono sempre viste come parte di un gruppo. Attraverso la lingua e l’uso spesso inconsapevole che se ne fa, racconta la società contemporanea e chiarisce come l’unico modo per usare la lingua in senso democratico sia comprenderne i meccanismi e le valenze politiche.
Biografia
Kübra Gümüsay (Amburgo, 1988), nipote di lavoratori turchi emigrati in Germania, è una delle giornaliste e attiviste più importanti del suo paese. Ha studiato Scienze Politiche ad Amburgo e alla School of Oriental and African Studies di Londra. Ha collaborato con diverse testate e ricevuto numerosi premi per aver lanciato campagne di opinione che stimolano a un discorso politico costruttivo online e offline, e per le sue battaglie contro le discriminazioni, la violenza sulle donne e l’hate speech.