Buongiorno lettrici e lettori,
vi propongo una nuova intervista. Questa settimana è ospite Paolo Zardi, autore del libro “La meccanica dei corpi” pubblicato da “Neo Edizioni”.
Se volete leggere anche la mia recensione, potete cliccare tranquillamente qui.
Intervista
1 – Come è nata l’idea di scrivere il tuo libro “La meccanica dei corpi”?
Scrivo racconti da più di quindici anni e romanzi più o meno dallo stesso tempo. Spesso, durante le presentazioni, mi viene chiesto quale sia la differenza tra un racconto e un romanzo – la differenza in termini di chi scrive. Al riguardo, uno studioso russo del quale non ricordo il nome (lo cita Luca Ricci nell’introduzione a una raccolta di racconti di uno scrittore argentino – vado a memoria, potrei sbagliarmi su tutto) diceva, più o meno, che il romanzo è un viaggio in cui il narratore ti promette che, alla fine, tornerai a casa, mentre un racconto è una passeggiata lungo un sentiero in salita, alla fine della quale ti affaccerai su una vista inaspettata.
Il racconto lungo è una via di mezzo: non si limita a mettere in scena un’epifania improvvisa dopo un cammino veloce, ma allo stesso tempo non costruisce, come invece fa il romanzo, un mondo intero e concluso. Scriverli mi dà una gioia enorme, e la Neo Edizioni, casa editrice a cui sono legato da anni, l’ha sempre saputo. Per questo motivo, al Salone del Libro di Torino del 2021, quello con le mascherine e i tamponi di ottobre, Angelo Biasella, uno dei due fondatori della casa editrice, mi ha sfidato a scriverne tre. Io mi sono un po’ allargato e il risultato è “La meccanica dei corpi”
2 – Mi descriveresti la tua raccolta di racconti con tre aggettivi?
Intensa, dolorosa, viva.
3 – Un pregio e un difetto in generale dei protagonisti?
Tutti i protagonisti di questa storia vivono, e sperimentano, la frattura che esiste tra il proprio mondo interiore e quello condizionato dalle leggi della fisica, e in particolare da quelle imposte dalla biologia del nostro corpo. Anni fa, alcuni biologi decisero di provare a educare degli scimpanzè come se fossero degli esseri umani, convinti che parte delle nostre competenze cognitive sia acquisita; si domandarono, però, come questi animali avrebbero reagito quando avrebbero capito di essere mortali (l’esperimento fu un fiasco: le scimmie impararono a contare fino a quattro).
La condizione degli esseri umani ha qualcosa di tragicamente unico: siamo in grado di immaginare l’infinito, e allo stesso tempo sappiamo che la nostra anima, qualsiasi cosa rappresenti, è imprigionata dentro a una nave che prima o poi colerà a picco. Lo stesso vale per l’amore, l’amicizia, l’ambizione: tutto sembra essere soggetto a un fenomeno di implacavile corrosione.
Il loro pregio è arrivare a intuire che questa è la condizione naturale della nostra esistenza; il loro difetto è di non trarne le giuste conseguenze.
4 – A quale delle 5 storie sei più affezionato?
Esagerando un po’, ogni storia è, come dicono le mamme dei loro figli, un pezzo ’e core. Non è semplice, quindi, osservare da fuori ciò che si è scritto, con uno sguardo lucido; ed è ancora più difficile parlarne in termini affettivi; tuttavia, posso dire che scrivendo Fantasmi, che è il secondo racconto della raccolta, mi sono messo in gioco fino in fondo, parlando di vecchiaia, della quale al momento posso intravedere solo lo spettro ancora abbastanza lontano, e di paternità, che invece vivo tutti i giorni. Un caro amico, Corrado Melluso, una volta mi aveva detto che il mio essere autore è inseparabile dal mio essere un padre: sospetto che dietro a questa affermazione ci sia un grande fondo di verità.
5 – Come mai hai scritto storie tutte abbastanza dolorose?
Cesare Pavese diceva che bisognava avere la forza di ammettere una verità tremenda, e cioè che soffrire non serve a niente; mio malgrado, sono d’accordo solo in parte con questa affermazione: purtroppo il dolore illumina parti della nostra vita che altrimenti non saremmo stati in grado di conoscere; e anche se pragmaticamente preferisco una vita vissuta al buio senza troppi tormenti, credo che la letteratura possa consentire, sia a chi scrive che a chi legge, di sperimentare un dolore controllato, un’esperienza protetta, per così dire. È questa la peculiarità della letteratura: attraverso la finzione, ci consente di sperimentare il dolore senza che questo abbia conseguenze dirette sulla nostra vita; possiamo quindi conoscere qualcosa di noi senza dover passare, con il nostro corpo, attraverso l’inferno del male.
6 – Scaletta sì o scaletta no e come ti sei organizzato per la stesura?
Per quella che è la mia esperienza, la scaletta inizia a diventare necessaria quando si scrive un romanzo. Un racconto, anche quando diventa particolarmente lungo, riesce a stare interamente dentro la propria testa, tutto intero contemporaneamente. La struttura è chiara, lineare, tutto sommato semplice. Non ci sono snodi particolari, storie parallele o storie che si intersecano: si procede con un’idea chiara in testa, sapendo già quali saranno i passaggi da fare. Un romanzo è una città che non abbiamo mai visto; un racconto, un viale alberato che percorriamo dall’inizio alla fine.
7 – Ci puoi raccontare un aneddoto in particolare?
Il nucleo di “Fantasmi” nasce da una chiacchierata fatta a tavola con i miei figli, allora ancora adolescenti. Avevo chiesto loro di suggerirmi una storia dell’orrore e uno di loro, Jurij, il più grande, mi disse che potevo parlare di un uomo che trova una cassa nel giardino dietro casa, una cassa che contiene un segreto terribile su suo figlio. A questo spunto, si è sovrapposto un evento vero che mi è stato raccontato: un mio parente si offrì di adottare un cane ma ricevette un rifiuto perché, gli dissero, le sue aspettative di vita erano inferiori a quelle del cane.
Spesso i racconti si costruiscono in questo modo: un’idea ne attira un’altra, che ne attira un’altra ancora. Se scatta una reazione chimica, si prosegue, altrimenti si cambia strada, in cerca di qualche altra idea.
8 – Hai qualche passione e hobby che svolgi nel tuo tempo libero?
Oltre a scrivere? Leggo.
9 – Come ti descriveresti con tre aggettivi?
Curioso. Paziente. Empatico.
10 – Infine una curiosità: qual è stato l‘ultimo libro che hai comprato e/o letto?
Ho comprato, per la seconda volta, “Casa desolata” di Charles Dickens. L’ho già letto dodici anni fa e mi è venuta voglia di riprenderlo in mano. Mi stupisce quanto poco avessi capito della trama del libro – avevo semplificato la complessità delle relazioni, evitando di tenere a mente la complessa rete di legami tra i diversi personaggi; ritrovo, invece, lo stesso piacere di allora per i dettagli luminosi con cui Dickens illumina ogni cosa, e la voce meravigliosa con cui porta avanti questa storia di eredità, parentele svelate e poveri orfani.
Biografia
Paolo Zardi è nato a Padova nel 1970 ed è ingegnere. Ha esordito nel 2010 con la raccolta di racconti Antropometria per Neo Edizion, casa editrice con la quale è nata una lunga collaborazione. Ha pubblicato romanzi, raccolte di racconti e racconti lunghi anche con Feltrinelli, Chiarelettere, Tetra, Giulio Perrone Editore, Alet, Intermezzi. Cura il blog grafemi.wordpress.com nel quale raccoglie anche contributi di altri autori.
Grazie di aver risposto alle mie domande.
Alla prossima
Gabrio