Titolo: Figlia del temporale
Autrice: Valentina D’Urbano
Editore: Mondadori
Collana: Scrittori italiani e stranieri
Pagine: 312
Prezzo: € 20,00
Uscita: 24 settembre 2024
Recensione
Personalmente apprezzo molto la scrittura di Valentina D’Urbano, quindi sono stato felice di leggere il suo ultimo romanzo, pubblicato da “Mondadori”, dal titolo “Figlia del temporale”.
La storia è, forse, un po’ diversa dalle sue precedenti, ma è sicuramente anch’essa molto intensa e profonda e invita a serie riflessioni sui temi trattati.
Siamo negli anni Settanta, la protagonista è Hira, dopo essere rimasta orfana va a vivere in montagna, in Albania, con gli zii e i cugini che deve imparare a conoscere. Inoltre, si deve adattare ad una nuova vita, completamente diversa e seguire i ritmi e le abitudini della famiglia di cui ora fa parte. Inizia a svolgere vari compiti ed attività. Si avvicina molto al cugino Astrit che è un bambino silenzioso che comunica a gesti, ma loro due riescono a capirsi perfettamente.
L’evolversi della storia ci racconta la crescita della ragazza e le varie problematiche che deve affrontare, fino ad arrivare all’età in cui dovrebbe essere chiesta in sposa secondo le regole del posto. È proprio qui che il romanzo svolta e diventa più avvincente e particolare, infatti Hira, decide, da quel momento in poi, di vestire i panni da uomo per sfuggire ad una imposizione come quella del matrimonio combinato.
D’ora in poi sarà Mael rinunciando a tutta la sua femminilità e dovrà imparare, quindi, a un nuovo modo di comportarsi, molto diverso dalla vita da donna che faceva. Ovviamente dentro di sé proverà anche varie sofferenze per delle rinunce. Se da una parte Astrit l’aiuterà in questo cambiamento, non tutti saranno d’accordo, come per esempio la cugina Danja,
Devo ammettere che “Figlia del temporale” è un libro avvincente ed appassionante che dimostra la forza e il carattere di una ragazzina ad affrontare la vita due volte, infatti non solo dopo essere diventata orfana e adottata dagli zii, ma specialmente con la decisione di indossare gli abiti da uomo per una vita completamente diversa dalla sua. Indubbiamente tutto ciò non sarà per lei facile, ci saranno momenti in cui farà fatica, anche a livello amoroso.
Personalmente ammiro Hira/Mael per la sua forza, per il suo coraggio alla ribellione, per il fatto di non voler accettare imposizioni ed un matrimonio a lei non gradito perché non d’amore. Ho apprezzato molto questa protagonista, il suo percorso e la sua crescita durante tutto il romanzo “Figlia del temporale”.
Valentina D’Urbano ha confermato, un’altra volta, la sua bravura con la penna, con i sentimenti sinceri, con la sua grande umanità che riesce a trasmettere a noi lettori, dando vita a personaggi indimenticabili e potenti come Hira/Mael.
Questo è un forte romanzo di formazione, un genere che adoro, che porta il lettore a riflettere su temi importanti riguardanti la società di allora e pure quella attuale, il senso di libertà che è un elemento molto importante per ogni essere umano e dal quale non si deve essere privato.
Qui sotto la prima pagina:
“Sono nata in un giorno d’estate del 1960, nella capitale. Da bambina abitavo in una bella casa che il Partito ci aveva assegnato vicino allo zoo appena inaugurato. Di notte sentivo l’agitarsi delle poche bestie, rumori familiari di animali che venivano da posti che non avevo mai sentito nominare. Per tanto tempo ho pensato che tutte le case del mondo fossero come la mia. Avevo un fratello maggiore di cui ricordavo poco. Si chiamava Luan, aveva quindici anni più di me, era figlio di mio padre, ma non di mia madre. Grazie alle conoscenze e alla lealtà che mio padre aveva dimostrato al Partito, Luan si trasferì a lavorare in Bulgaria quando ero solo una bambina. Si sposò con una ragazza di Plovdiv, e scomparve dalla mia vita.
Sono scomparsa anch’io, a vent’anni, in un altro luogo, dov’ero una creatura sconosciuta che veniva da lontano. Mi seppellirono con un nome di maschio..”
Trama
È il 1974, Hira ha tredici anni ed è appena rimasta orfana. Deve lasciare la sua città, Tirana, e la casa in cui è cresciuta per raggiungere gli unici parenti disposti ad accoglierla. La famiglia dello zio Ben vive in un villaggio sui monti nel Nord del paese, una piccola comunità di pastori che sembra cristallizzata nel tempo, dimenticata persino dal regime comunista che da trent’anni tiene in scacco l’Albania. Lassù si vive ancora secondo i dettami del Kanun, il codice tradizionale della montagna. Piano piano Hira si adatta alla sua nuova vita: dalla cugina Danja impara a fare il bucato al fiume e a occuparsi degli animali, dal cugino Astrit a orientarsi nel bosco e a camminare in silenzio per ore. Astrit ha smesso di parlare quand’era bambino, da allora si esprime a gesti e ogni tanto sale sulle montagne e sparisce per giorni. Per questo al villaggio lo considerano strano, una specie di animale selvatico. Crescendo, Hira e Astrit trovano una lingua tutta loro per capirsi, fatta di sguardi, carezze e morsi che a volte sembrano baci. Quando a Hira viene imposto un matrimonio combinato, sceglie l’unica via di fuga ammessa dalla legge della montagna: rinunciare alla propria femminilità e diventare una burrnesh, una vergine giurata. E così a vent’anni prende il nome di Mael: si veste come un uomo, lavora come un uomo, beve e fuma come un uomo. L’intero villaggio la tratta – e la rispetta – come un maschio. Diversamente dai maschi, però, deve rimanere sola e casta. Epp ure sotto la pelle di Mael talvolta riaffiorano, ribelli e vitali, i desideri e le emozioni di Hira. A quanta parte di ciò che siamo possiamo rinunciare per inseguire una vita che ci appare più libera? E di cosa è fatta quella libertà se non possiamo essere noi stessi alla luce del sole?