Titolo: Cose che non voglio sapere
Autore: Deborah Levy
Editore: NN Editore
Collana: Autobiografia in movimento
Pagine: 144
Prezzo: € 15
Uscita: 9 febbraio 2024
Traduzione: Gioia Guerzoni
Recensione a cura di “Un libro in soffitta”
Di per sé già l’introduzione, curata dalla talentuosa Olga Campofreda, arricchisce il libro, rendendolo così intimamente profondo, così narrativamente disarmante nella sua aderenza al reale, così puramente vero da sentirsi “meno sola” nell’accettazione di accadimenti che avvengono a prescindere dalla nostra volontà. E si assume la consapevolezza di quanto un racconto possa alleviare anche le afflizioni più amare della nostra esistenza.
“La prima volta che ho avuto un attacco di panico mi trovavo nella metropolitana di Roma…io me ne restavo immobile, incapace di andare né avanti né indietro…mentre i treni si susseguivano…”
Il malessere che, dalla mente si trasmette al corpo, assumendo una forza non controllabile né gestibile in prima battuta, avvolge il nostro essere, creando uno strato di ovatta che ci proietta in una realtà “altra” da noi, come se ogni senso fosse sopito.
L’incipit rimarca proprio questo tormento del corpo e dell’anima ” quella primavera, quando la vita era complicata e lottavo con il mio destino…mi resi conto che piangevo soprattutto sulle scale mobili delle stazioni”
La vita non ha risparmiato nessun dolore all’autrice che prende progressivamente consapevolezza
del ruolo, umiliante, marginale, sottomesso della donna “la Madre era la Donna che il mondo intero aveva immaginato fino allo sfinimento”
“Dovevamo essere Donne Moderne e Forti, pur subendo ogni tipo di umiliazione, sia economica sia domestica”
Un viaggio, sofferto eppur vivido, nell’esistenza della Levy che, come uno specchio, proietta la sua immagine di donna in quelle di molte altre donne dell’odierna società. Un desiderio di riscatto sulla famiglia, una rivalsa sull’ideologia maschile del ruolo della donna, una vittoria conquistata grazie alla scrittura, unica àncora di salvezza in un mondo ottuso “l’aura che mi dava la scrittura faceva sì che non mi abbordassero…ero assente”
Semplicemente affascinante nella sua cruda aderenza al reale. Emotivamente intenso.
Consigliatissimo