Titolo: Cesare Pavese. Il mestiere di scrivere
A cura di: Fabrizio Parrini
Editore: Edizioni Clichy
Collana: Sorbonne
Pagine: 141
Prezzo: € 7,90
Uscita: 12 maggio 2020
Recensione
“Cesare Pavese. Il mestiere di scrivere” a cura di Fabrizio Parrini entra di diritto tra quei libri che chiamo “gioiellini”. Infatti è assolutamente ben realizzato, curato e ricco di notizie.
Chi ama Cesare Pavese non deve e non può farselo scappare. La sua figura è stata per me sempre molto affascinante ed interessante. Egli, come si legge scritto anche all’interno del libro, è l’immagine indelebile della solitudine dell’uomo. Ciò, a mio avviso, lo si riscontra anche in diversi suoi scritti. La solitudine è, quindi, un tema assolutamente importante e centrale.
Non si smette mai di imparare tutto, infatti in quarta di copertina si legge:
“Ho imparato a scrivere, ma non a vivere”
Al suo interno ci sono anche diverse fotografie in bianco e nero che arricchiscono ed impreziosiscono il libro. Esso è così diviso:
Biografia
Il mestiere di scrivere : di Fabrizio Parrini
Parole e immagini
Bibliografia.
Durante la lettura si scoprono notizie, curiosità ed aneddoti del grande scrittore. Per esempio ha sempre affermato la sua estraneità alla politica. Egli col taccuino 1942-43 susciterà scandalo e sconcerto per i giudizi e i pensieri insoliti sugli avvenimenti storici del periodo.
Inoltre ci sono moltissime citazioni, di vario genere, di Cesare Pavese.
Si racconta anche del suo rapporto con Tina Pizzardo che da storia d’amore, muta in amicizia, ma ciò gli creerà diversi problemi.
Ovviamente tra le pagine del libro si affrontano le sue opere, prima di tutte “La casa in collina” ed inoltre ricordiamo “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, “La bella estate”, “La spiaggia”, “Il diavolo sulle colline” ed ovviamente anche “La luna e i falò” e “Il mestiere di vivere”, due grandi opere dello scrittore.
Fabrizio Perrini ci permette di fare, quindi, un gran bel ripasso circa Cesare Pavese, ci rinfresca la memoria, aggiungendo, magari, passaggi che non conoscevamo, che non erano a noi noti.
Tutto è scritto e presentato in modo scorrevole e coinvolgente. Io ne sono rimasto ulteriormente affascinato.
Nella parte successiva, invece, ci sono tante citazioni delle sue opere più famose, che ci permettono di conoscere ancora meglio Cesare Pavese. In questa sezione, tra le pagine, scopriamo molte sue foto in bianco e nero che ce lo ricordano.
Il libro, infine, ci conclude con una ricca bibliografia di ben quattro pagine.
“Cesare Pavese. Il mestiere di scrivere” mi sento di consigliarvi la lettura perché è un libro che ci permette di fare un punto sullo scrittore, un ripasso e di ricordarlo ancora perché merita.
Concludo con due citazione:
“La mia parte pubblica l’ho fatta –ciò che potevo. Ho lavorato, ho dato poesia agli uomini, ho condiviso le pene di molti”
Da “Il mestiere di vivere, 16 agosto 1950”
E la famosissima e, a mio parere, meravigliosa:
“Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola”
Da “Il mestiere di vivere, 22 novembre 1945”
Trama
A settant’anni dalla sua tragica morte, Cesare Pavese rimane uno dei grandissimi della nostra letteratura, ancora oggi letto, amato e studiato. Ma chi è stato davvero? Cosa gli bruciava dentro?
Calvino definiva la sua opera poetica Lavorare stanca «una delle voci più isolate della poesia contemporanea». In un tempo di poesia ermetica, il verso lungo pavesiano e la poesia-racconto sono lontani dal contesto letterario e dal gusto del pubblico.
In un periodo di neorealismo, la sua scrittura viene assimilata al romanzo politico e civile. Ma per Pavese conta solo il rapporto tra arte e vita. Scrittore pieno di conflitti e contraddizioni, Pavese possiede soprattutto una sensibilità profonda di natura decadente. Il suo vero tema è l’incapacità di affrontare l’esistenza: vivere è un «mestiere» da apprendere con dolore e sgomento. E quasi sempre invano.
L’arte allora diventa un sostituto dell’ esistenza che non si riesce a vivere e l’unico equilibrio possibile, anche se precario, scaturisce dalla scrittura. Per questo piegare la propria natura lirico-elegiaca a esigenze ideologiche sarà per Pavese sempre un tentativo irrisolto.