Titolo: Ali di vetro
Autrice: Katrine Engberg
Editore: Marsilio
Collana: Farfalle
Pagine: 366
Prezzo: € 18,00
Uscita: 1 luglio 2021
Traduzione: Claudia Valeria Letizia
Recensione
“Ali di vetro”, scritto da Katrine Engberg e pubblicato da “Marsilio”, è il secondo episodio di una serie iniziata con il libro “Il guardiano dei coccodrilli”.
In entrambe le storie i protagonisti sono Jeppe Kørner, affiancato da Anette Werner, che in questo secondo caso sta tentando di imparare a convivere con il suo nuovo e inatteso ruolo di mamma, nonostante l’istinto della poliziotta non la lasci in pace.
Le mie aspettative erano davvero alte, forse troppo, ma purtroppo non sono state confermate. Il giallo mi è piaciuto, ma non come speravo. Forse perché l’ho trovato un po’ prolisso in alcune parti e un po’ contorto in altre. Ad ogni modo, per quanto riguarda i due protagonisti, posso affermare che sono abbastanza interessanti e sanno catturare l’attenzione del lettore con le loro vicende e il loro modo di agire nella vicenda.
La storia sicuramente incuriosisce, specialmente l’inizio mi ha colpito parecchio, ed invoglia a scoprire come si evolve. Purtroppo, alcuni passaggi li ho trovati scontati e molto ripetitivi, tanto da annoiarmi. Da promuovere ci sono le descrizioni che sono ottime e rendono bene l’idea, riuscendo a coinvolgere il lettore e a fargli immaginare le ambientazioni.
Oltre ai due protagonisti, entrano in scena altri personaggi, di questi, alcuni li promuovo per la loro empatia e per il loro carisma, ma altri li boccio perché non hanno personalità e non mi hanno suscitato interesse.
“Ali di vetro”, quindi, mi ha soddisfatto a metà, mentre per altri punti mi ha un po’ deluso. Nonostante ciò, è stata una lettura che sicuramente mi ha incuriosito, peccato per alcuni passaggi che hanno diminuito il ritmo narrativo e la tensione.
Di buono, oltre alle descrizioni, c’è anche una tematica che viene affrontata. Interessanti sono le vite personali dei protagonisti, ma è carente, secondo me, in fatto di indagine e specialmente di colpi scena e, quindi, di una certa tensione che ci si aspetta da un libro di questo genere.
La penna di Katrine Engberg è scorrevole, ma non del tutto incisiva, almeno secondo i miei gusti, ad ogni modo con “Ali di vetro” ci ha proposto un romanzo godibile, specialmente se non lo facciamo rientrare nei gialli ma nei drammatici. Inoltre, ha la capacità di riuscire ad intrattenere i lettori con una evoluzione dei due protagonisti, permettendoci di conoscerli sotto altri aspetti e con determinate caratteristiche.
Alcuni passaggi del libro li promuovo sicuramente, ed è grazie ad essi che sono stato invogliato a continuare la lettura. Il mio consiglio è di leggerlo, ma senza aspettarvi di affrontare una storia esclusivamente di genere “giallo”, ma un misto. Ad ogni modo, è sempre questione di gusti, perché io mi aspettavo più colpi di scena ed un ritmo più sostenuto, mentre magari ad altri lettori va bene così, come Katrine Engberg ha proposto la storia.
Qui sotto vi lascio l’incipit che trovo molto interessante ed intrigante.
“Nell’armadietto che aveva appena aperto, le fiale di vetro erano sistemate accanto a siringhe monouso e contenitori per rifiuti taglienti: morfina e Oxycontin per dolori forti, propafenone per la fibrillazione atriale e Pradaxa, l’anticoagulante; tutte sigillate a dovere in scatole di cartone e plastica trasparente. Erano i farmaci d’ordinanza del reparto di cardiologia del Rigshospital: apportatori di sollievo, di una migliore qualità della vita e qualche volta addirittura di guarigione.
L’infermiera diede uno sguardo ai medicinali e cercò di calcolare quanto poteva pesare il paziente; sulla cartella agganciata in fondo al letto il peso era scritto, ma non aveva la minima voglia di andarlo a controllare. Era stata una notte interminabile. Stava per staccare, quando una collega si era data malata, e così lei era stata costretta a fare un turno doppio, restando lì a lavorare quasi sedici ore anziché passare la serata in famiglia …”
Trama
Nella fontana più antica di Copenaghen galleggia il cadavere nudo di una donna: è morta altrove, dissanguata, e le telecamere di sorveglianza della zona hanno registrato una figura incappucciata che all’alba la scaricava nell’acqua da una bici da carico.
Le indagini vengono affidate a Jeppe Kørner, al quale spetta il difficile compito di ricostruire come l’assassino sia riuscito a portare a termine un omicidio tanto scenografico in piena area pedonale. Tanto più che questa volta non c’è Anette Werner al suo fianco: la collega sta tentando di imparare a convivere con il suo nuovo e inatteso ruolo di mamma, nonostante l’istinto della poliziotta non la lasci in pace.
È proprio lei a spingerlo a esplorare gli angoli più bui della capitale danese e a penetrare il cuore del suo sistema sanitario, fino al confronto con responsabili e collaboratori di un istituto rivolto a giovani con problemi psichici, che porta l’armonioso nome di “Residenza La farfalla”. Gente che sembra avere un’idea molto personale di cosa significhi dare assistenza a chi ne ha bisogno.
Ma Jeppe avrà anche l’occasione di entrare in contatto con chi sta dall’altra parte: quelli che la società non è in grado di accogliere, i “malati” che nessuno vuole perché rovinano l’immagine di comunità ordinata a cui i “sani” aspirano. Ragazzi non integrati in grado di dimostrargli che la fragilità può nascondere una grande forza, e che anche con le ali spezzate è possibile volare.