Titolo: Affreschi di quartiere
Autore: Daniele Pozzi
Editore: Scatole Parlanti
Collana: Forme
Pagine: 91
Prezzo: € 12,00
Uscita: 19 novembre 2020
Recensione
“Affreschi di quartiere” è un libro originalissimo, scritto da Daniele Pozzi e pubblicato dalla casa editrice “Scatole Parlanti”.
I capitoli sono molto brevi, ma appassionanti. Ognuno tratta un argomento specifico di cui l’autore ci parla in modo preciso e abbastanza dettagliato. In tal modo affronta e propone ai suoi lettori, un gran numero di tematiche che hanno a che fare con una quartiere di Roma e, precisamente, quello Magliana, che è situato nella zona sud-ovest della città, delimitato dal Tevere e dai quartieri adiacenti: Eur, Marconi e Gianicolense. Il periodo a cui si riferisce è quello a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta.
Se, da una parte, sono racconti che possono essere letti anche in ordine sparso, dall’altra è comunque come se fosse un romanzo dedicato ad una borgata ben precisa di cui vengono snocciolate varie informazioni ed anche aneddoti. Il risultato finale è, sicuramente, una visione a tuttotondo del luogo descritto, sotto molteplici aspetti.
Il titolo è davvero assai azzeccato perché riesce a spiegare immediatamente il contenuto del libro.
Daniele Pozzi, che è sia scrittore che pittore, ha quindi unito le sue due passioni usando la scrittura. Il risultato è come un tour tra i suoi ricordi all’interno di un luogo dell’adolescenza e del passato e lo fa coinvolgendo pure i suoi lettori.
Si possono immaginare tanti pezzi di un puzzle o tanti fotogrammi, ma alla fine il risultato è lo stesso: “Affreschi di quartiere” un libro che racconta una zona in modo schietto e, a volte, con qualche parola in dialetto.
Inoltre, ti voglio segnalare, all’interno del libro, la presenza di alcune fotografie di Luigi De Grossi che lo rendono più vivo, regalandogli un tocco “visivo” di attualità.
Come ho accennato all’inizio, l’autore affronta vari argomenti che fanno parte della vita di tutti i giorni e, in questo caso, si riferiscono ad una borgata ben precisa. Tra i vari temi si inizia col capitolo “Il ghetto”. Tra gli altri troviamo quelli dedicati agli animali, alla casa, ai giochi, quello particolare sui soprannomi e un altro che fa riferimento a “Il matto”. Come si può notare sono davvero vari e risultano anche interessanti per come sono raccontati e descritti.
Quindi mi sento di consigliarti la lettura di “Affreschi di quartiere”, se ti appassiona il genere e se ti attirano gli argomenti trattati. Immagino che, ovviamente, gli abitanti di Roma non si faranno scappare questo libro che permetterà a molti di fare anche un tuffo nel passato, tra i loro ricordi.
Concludo con l’incipit del primo capitolo:
“Il Ghetto non si chiamava così perché voleva parafrasare quello più famoso ebraico, che pure oramai una certa “allure” se la portava dietro, sia perché antico, sia perché bello, sia purtroppo per quello che c’era successo dentro e fuori. Il Ghetto dei cortili 7.0 si chiamava così perché, da qualsiasi parte tu lo guardavi, rimaneva sempre un ghetto.
Quello vero si estendeva dalla piazza del vecchio mercato all’argine del fiume e ricomprendeva due vie a piombo a via della Magliana e tutto quello che ci ricadeva dentro, co’ vie perpendicolari alle parallele, co’ vicoli paralleli delle parallele, vicoli fantasmi, negozi incendiati, co’ ‘na certa cultura del foco, perché sopra c’erano i palazzi co’ la gente tua che respirava il fumo del foco appiccato, che non poteva brucià insieme ai negozi che non pagavano il pizzo, ‘na distinzione ‘nsomma. Perché quella gente poteva essere tu’ sorella, tu’ fratello, tu’ madre, tua de te che avevi bruciato i negozi de tu’ cognato, perché le regole sò regole pure nel Ghetto, e se non paghi, bello mio, è mejo che non apri proprio…”
Trama
Il progetto “Affreschi di quartiere 7.0” è uno spaccato, suddiviso in brevi racconti di vita trascorsa, di una Roma di borgata a cavallo tra gli anni Settanta e gli Ottanta; punta a ritrovare quelle emozioni autentiche di un “come eravamo”, respirando le sensazioni vissute, alcune leggere, altre amare, ma che con le nebbie di oggi illuminano anche i drammi percepiti di ieri. Un viaggio breve e intenso, con una vena ironica consapevole, un sorriso pungente, tipico di certa romanità.
Ogni episodio è un microcosmo a sé stante, che non segue una sequenza cronologica forzata. I fotogrammi si snodano in quel tempo e in quegli spazi delimitati dai personaggi che, come chiazze di colore su carta da parati rétro, passeggiano in rilievo con in braccio cesti di ricordi, a rammentarci che un’altra vita era possibile.