CattivaTitolo: Cattiva
Autore: Myriam Gurba
Editore: Fandango Libri
Pagine: 261
Prezzo: € 18,00
Uscita: 21 marzo 2019
Traduttore: Chiara Brovelli
Recensione
Ho voluto attendere un po’ prima di leggerlo. Questo è un libro potente, forte e struggente.
Un storia dura, vera e che commuove. Forse non adatto a tutti a causa del linguaggio a volte schietto e sincero e della storia, anche se sarebbe utile che venisse letto.
Myriam Gurba, studentessa universitaria, ci racconta in modo autobiografico la sua vicenda negli anni Novanta, vittima di un maniaco seriale. Ciò lo fa, a mio avviso, senza sensazionalismi, ma nel modo più veritiero possibile, con grande capacità narrativa e facendoci percepire, con le sue parole, la tremenda situazione vissuta da lei e da altre, mettendoci davanti al grave problema dello stupro e della situazione, a volte molto difficile e complessa, che le donne vivono ancora oggi.
Non è un argomento facile né da leggere, né da scrivere e neppure da recensire. Ciò perché tocca le corde della nostra sensibilità nel modo più profondo. La violenza fisica subita non è l’unico tema importante di questo libro, infatti l’autrice ci fa notare che ha dovuto lottare anche contro le varie offese di razzismo a causa delle sue origini messicane. Inoltre un altro argomento che viene affrontato è quello dell’anoressia.
“Cattiva” è un grido di sofferenza, di denuncia che viene lanciato da Myriam Gurba in modo costruttivo. Ci fa entrare nella sua mente, nei suoi pensieri e, da spettatori, è come se diventassimo protagonisti della storia, infatti veniamo a conoscenza, in modo chiaro e preciso, della sua vita dall’infanzia in poi. Tutto ciò viene descritto in modo fluido, a volte asciutto e senza girare intorno ai vari argomenti ed alle diverse azioni.
Durante i capitoli possiamo conoscere meglio Myriam e il suo mondo, il suo carattere e il suo modo di pensare, scopriamo le sue reazioni e il suo comportamento davanti ai fatti gravi che ha dovuto subire e come riesce a reagire, cioè come è la sua vita successivamente alla violenza.
“Cattiva” un libro amaro, a volte agghiacciante, crudo che ci fa soffrire durante la lettura, ma è anche un modo per denunciare ciò che va assolutamente condannato con forza e decisione.
L’importante testimonianza personale che Myriam Gurba ci porta, dimostra, senza ombra di dubbio, la sua forza interiore, il suo grande coraggio e la sua tenacia. Immagino anche che non sia stato facile per lei scrivere tutto ciò, rivivere quei momenti e quei periodi così drammatici ed aprirsi al mondo intero in questo modo, denunciando avvenimenti così gravi, ma che è giusto riportare per sollecitare le persone a reagire davanti alle avversità di questo genere. Un dramma che non va più taciuto, ma combattuto ed affrontato.
Non è facile scegliere un passaggio da riportare, dato l’argomento, ho quindi optato per questo:
“Per i miei compagni, la tonalità scura della mia pelle era un avvertimento. Li avvertiva che ero una ladra. A pranzo, stringevano al petto i loro sacchetti di carta marrone, quando mi incrociavano. Uno skater che era vicino alle porte della mensa mi rivolse un ghigno. Le sue lentiggini mi trassero in inganno, facendolo sembrare dolce e gentile. – Labbra da negra – mi disse in faccia in un sibilo”
Trama
Poliziesco, memoir, e storia di fantasmi, “Cattiva” è il racconto autobiografico di una studentessa universitaria nell’America degli anni Novanta vittima di un maniaco sessuale seriale. L’uomo ha già aggredito molte altre donne, stuprando e uccidendo una di loro, la messicana Sophia Torres.
Ossessionata dallo spettro di Sophia, Myriam Gurba ripercorre in queste pagine sconvolgenti la sua storia: l’infanzia allegra e scanzonata scissa tra cultura messicana e americana, il rapporto magico con la nonna-totem Abuelita, quello trasgressivo con le compagne di college a Berkeley, l’approccio ai grandi della letteratura e della filosofia (Conrad, Woolf e Marx), la suggestione della Giovanna d’Arco di Dreyer femminista e santa, l’avvicinamento che è quasi identificazione ad Ana Mendieta e Hannah Wilke, grandi protagoniste dell’arte contemporanea.
Con uno stile originalissimo, a tratti scarno a tratti sontuoso, usando una lingua poetica e pungente, l’autrice ci parla di un mondo fatto di sfumature sottili, di parole inventate, un mondo in cui il corpo è una scoperta e la scoperta è nel piacere. Anche quello che gli altri decidono di prendersi senza permesso. Fino a quando, un estraneo le tende una trappola, la tocca, abusa di lei e tutto diventa nuovo. Tutto rinasce, assume un colore diverso, il colore dello stupro e il mondo cambia: “È una falena o uno stupratore? c’è uno stupratore nascosto in quel mazzo di girasoli appena recisi?”.