Ciao lettrici e ciao lettori,
ho il piacere di proporvi una nuova intervista, la protagonista è Roberta Schira, autrice del romanzo “I fiori hanno sempre ragione” pubblicato con “Garzanti”.
Se volete recuperare la mia recensione la trovate cliccando qui.
Intervista
1 – Chi è Roberta Schira e che tipo di scrittrice sei?
Sono da sempre un’appassionata della lettura e del mondo del cibo e della ristorazione. Dopo aver firmato una dozzina di libri, saggi e una biografia, ho trovato la piena realizzazione in un romanzo. Amo cucinare, ma facendo il critico gastronomico (collaboro con il Corriere della Sera da oltre dieci anni) vado al ristorante quasi tutte le sere. Allora mi sono ritagliata una seconda vita, in una casetta di famiglia nell’entroterra ligure, dove scappo appena possibile. Lì scrivo, cucino per figli e amici, preparo marmellate di agrumi e bado al mio orto. Prima stazionavo nello scaffale Varie, ora in quello Narrativa italiana, e vorrei rimanerci. Da una ventina d’anni prendevo appunti sulle varie storie interessanti che avrebbero potuto diventare romanzi, è venuto il momento di tirarli fuori. Da grande – non aver paura di sbocciare, dice il sottotitolo del mio primo romanzo, e vale per ogni età – vorrei fare la romanziera. Sono una scrittrice che racconta storie dove il cibo è centrale. Cibo come mezzo, non come fine; come rituale, strumento di comunicazione e terapeutico.
2 – Come, o da dove, è nata l’idea di scrivere “I fiori hanno sempre ragione”?
Nel 2019, mentre ero in vacanza, ho raccolto la testimonianza di una signora che, in lacrime, mi raccontava come sei mesi prima avesse perso gusto e olfatto, e non lo avesse più recuperato. Così ho pensato a che tragedia sarebbe, per una chef, rimanere senza questi due sensi fondamentali.
3 – Mi descriveresti il tuo romanzo con tre aggettivi?
Commovente, simbolico, curativo. Una lettrice ha giustamente detto che si tratta di un emolliente per l’anima.
4 – Un pregio e un difetto della protagonista, Eleonora. E com’è in generale di carattere?
È un’ex bambina ferita, con genitori anaffettivi, che però è cresciuta con un legame forte per sua nonna Ernesta. Una donna profonda e modernissima, che ha compensato altre lacune della protagonista. Eleonora è una donna che cade e sa rialzarsi, possiede un grande dono: gusto e olfatto assoluti. Il suo difetto è che usandolo, a volte, cerca di manipolare le persone a proprio esclusivo vantaggio. È un po’ presuntuosa, ripiegata su se stessa, troppo ambiziosa. Ma una caduta, da intendersi anche in senso metaforico, e ciò che ne consegue, la fa cambiare: diventa più umile, più umana. Per questo, e per un amore che non si aspettava, rinascerà.
5 – Ci parli della figura della nonna?
Nonna Ernesta è empatica, visionaria, con ricchezza interiore. Gode di una saggezza non giudicante. È moderna, senza pregiudizi, di larghe vedute, nonostante i suoi ottant’anni.
6 – Ci racconti qualcosa del titolo e della copertina?
Il titolo doveva suggerire l’idea che i fiori sono l’indizio che porta Eleonora a sciogliere il suo nodo interiore (tutti ne abbiamo uno). Ma ha assunto un nuovo significato, un tema molto presente nel libro. Provate a sostituire “fiori” con “natura”. È la natura ha davvero sempre ragione, ci salva. A me basta passeggiare in un bosco, o su una spiaggia deserta, e mi sento in connessione con l’universo. La natura è la mia potentissima droga. Non posso fare a meno di passeggiare sotto gli alberi, di abbracciarli, anche se sembra sciocco. La copertina è un autoritratto della fotografa tedesca Laura Zalenga, di cui Garzanti, dopo una lunga indagine, ha acquistato i diritti per l’Italia. È una foto perfetta, mostra una donna – ma il genere non ha importanza, mostra una persona – che ha perso l’equilibrio, travolta da una tempesta di fiori. Lo ritroverà? Forse. Ma la domanda è: ci piacciono davvero le persone troppo equilibrate?
7 – Come ti è venuta la bella idea delle ricette di parole dedicate ai vari sentimenti?
Da anni volevo scrivere qualcosa sull’importanza delle parole, nel nostro tempo spesso svuotate di significato. Ho pensato così di ridare significato alle parole importanti dell’esistenza cucinandole, trasformandole in ricette di vita. Anche con un pizzico di ironia.
8 – Ci puoi raccontare un aneddoto in particolare, relativo al libro?
Durante una delle tante presentazioni, a Roma, scrivo una dedica per la nonna di una ragazza. Il libro lo aveva comprato la nipote, per regalarglielo. Così vergo, con grafia chiarissima, il sottotitolo del romanzo: non aver paura di sbocciare. La ragazza mi dice: forse non ha capito, il libro è per mia nonna, ha più di 80 anni, come può sbocciare? E no, mia cara ragazza, so bene che è per tua nonna, ma ognuno di noi, a qualsiasi età, ha ancora dei petali che possono spuntare. Non so se ho convinto la ragazza, ma l’ho vista allontanarsi con un sorriso.
9 – Come ti descriveresti con almeno tre aggettivi e quali passioni/hobby hai nel tempo libero?
Vitale, tenace, impegnativa, ricca di immaginazione, comunicatrice. Un difetto: disordinata e troppo impulsiva. Hobby? Leggo e leggo, poi c’è l’orto. Cinema, teatro, fotografia. Tutta la mia vita è un hobby, perché ho la fortuna di aver scelto lavori che mi piacciono.
Leggo, scrivo, cammino, vado al ristorante: le cose che mi piacciono.
10 – Infine una curiosità: qual è stato l‘ultimo libro che hai comprato e letto?
Un libro a forte contenuto autobiografico: “La casa del mago”, di Emanuele Trevi, che racconta il padre dello scrittore, psicoanalista di fama. Poi ho apprezzato molto le atmosfere steampunk di “Gli aghi d’oro” del grande Donald McDowell da leggere dopo aver visto il film capolavoro Povere creature.
Biografia
Roberta Schiera è nata a Crema e vive tra Milano e la Riviera di Ponente, suo “quartiere del pensare”. Scrive intorno al mondo del cibo da prima che diventasse una moda, affrontandolo con occhi sempre diversi: costume, psicologia, narrativa, condizione femminile. Diventa scrittrice, giornalista e critica gastronomica dopo la laurea in Lettere con indirizzo psicologico.
Da oltre dieci anni scrive sul “Corriere della Sera” di tendenze e protagonisti della “cibosfera”, temi sui quali tiene master e corsi di alta formazione professionale. Tre mariti e due figli, è suo Le 7 regole, il metodo universale per giudicare un ristorante, prima teoria della critica gastronomica, nota come “canone Schira”. Ottima cuoca per passione, ama i gatti, lo champagne, i romanzi di Camus e Romain Gary, l’orto in Liguria, il teatro, la musica jazz, nuotare al largo, camminare a lungo in città e in ogni luogo del mondo
Grazie di aver partecipato all’intervista!
Alla prossima!
Gabrio